martedì 6 marzo 2007

Maggioranze parlamentari variabili: La cura per il Governo


L'ipotesi lanciata da Giuliano Amato, ministro dell'Interno e subito ripresa da Fausto Bertinotti, presidente della Camera secondo i quali "le maggioranze variabili sono possibili, sono le forze politiche a dover decidere se il sostegno di una maggioranza diversa a un singolo provvedimento rappresenti una ragione per togliere la fiducia" ha creato le reazioni da parte di molti partiti sia di maggioranza che dell'opposizione. Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha già deciso che incontrerà su questo delicato tema il ministro dell'Interno, dato che sicuramente non avallerebbe una situazione nella quale il ricorso a maggioranze variabili diventasse sistematico, perché in quel caso la vita parlamentare verrebbe dominata dal trasformismo e come più volte ha dichiarato in questi mesi di costante rischio di crisi del governo Prodi "i dissensi nella maggioranza vanno affrontati e risolti e non aggirati". Questa proposta nasce anche per rispondere ad una richiesta proprio del Capo dello Stato che la scorsa settimana aveva invocato “larghe intese” su provvedimenti di interesse nazionale, come i rapporti con le istituzioni internazionali (Nato) e gli impegni presi con stati esteri (Usa per la base di Vicenza e TAV) che ne valgono la credibilità nazionale, e sulle riforme istituzionali. In realtà questa proposta e’ una delle ultime possibili carte giocate da parte di alcuni esponenti del Governo che riconoscono “tendenze inconciliabili” all’interno della coalizione che ha vinto le elezioni che portano alla costante ingovernabilità per veti incrociati e prefigurano la difficoltà che presto dovrà affrontare l’esecutivo su temi come Afghanistan, Dico, Pensioni e Tav. L’opposizione nelle dichiarazioni di Altero Matteoli, presidente dei senatori di AN, e Fabrizio Cicchitto, vice coordinatore di FI, invitano il Governo a valutare il sostegno di almeno 158 eletti a Palazzo Madama su uno qualunque dei temi contestati altrimenti dovrebbe andare al Quirinale e dimettersi, senza continuare con questi escamotage.

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