lunedì 19 novembre 2007

Il Partito della Libertà


Milano, 18 Nov. A poche settimane del battesimo del Partito Democratico ad opera del suo leader Veltroni, che vanta gia notevoli critiche e defezioni da parte dei membri dei gruppi parlamentari che compongono l'ulivo e i partiti che sostengono l'attuale governo preseduto da Romano Prodi, che si pensava potessero apportare il loro contributo a questo nuovo soggetto politico, anche nel centro destra vengono a prepararsi nuovi progetti, in particolare intorno a Silvio Berlusconi.

Dopo che la finanziaria ha superato per ora lo scoglio del voto al senato (la finanziaria dovrà essere discussa e approvata anche alla camera e in modifiche rinviata al senato per la approvazione finale), Berlusconi, con il supporto dei Circoli della Liberta della vulcanica Brambilla ha sparso nel paese banchetti per la raccolta di firme per una petizione da inviare al presidente Napolitano per far chiedere le dimissioni dell'attuale governo. Il Cavaliere presenterà il risultato oggi pomeriggio nel corso di una conferenza stampa convocata per illustrare la seconda mossa, la convocazione dell'assemblea costituente del nuovo partito che nascerà dalle ceneri di Forza Italia, dopo aver ieri annunciato che nelle prime stime sarebbero state raccolte sette milioni di firme in tre giorni. Se il centrosinistra ha semplificato il quadro politico, unendo le due forze maggiori, Berlusconi è convinto di poter fare altrettanto con il nuovo Partito del popolo.

mercoledì 12 settembre 2007

Il Grillo Parlante

A due giorni dal V-day (Vaffanculo Day) che si è svolto in alcune piazze d'Italia proposto da Beppe Grillo a sostegno del manifesto "Per un Parlamento pulito" presentando una proposta di legge di iniziativa popolare sintetizzabile in tre punti: la non eleggibilità in Parlamento dei condannati in via definitiva o in attesa di giudizio; l'impossibilità di essere eletti per più di due legislature; l'elezione diretta del candidato da parte dei cittadini.
Quello che si è nuovamente dimostrato che il personaggio Beppe Grillo è indubbiamente unico nel suo genere. Un comico-attore che fa indignare, più che ridere, e che non recita, ma è convinto di quel che dice; riuscendo a raccogliere 300 mila firme e che riesce come un novello "santone" mobilitare la folla, quanto se non più del sindacato e senz’altro molto più dei tanti partiti e partitini che pullulano nel nostro frammentato quadro politico.
I commenti della classe politica non sono tardati e hanno creato una nuova frattura in qualche modo trasversale tra gli schiaramenti con alcuni a favore come il ministro il ministro delle Infrastrutture Antonio Di Pietro che ha dichiarato "Oggi mi sono tolto la giacchetta da ministro e ho messo quella da cittadino perché sento il bisogno di appoggiare un'iniziativa che è un disegno di legge di iniziativa popolare, affinché il Parlamento venga scosso da un'ondata di democrazia diretta e capisca che non può continuare a fare lo gnorri" oppure il capogruppo dei Verdi alla Camera Angelo Bonelli dicendo "La politica recepisca le istanze del V-day, la mobilitazione organizzata da Beppe Grillo è un evento molto importante che aiuta un processo di moralizzazione della vita politica e pubblica del nostro Paese". Mentre più cauto il ministro dello Sviluppo Economico Pierluigi Bersani ha commentato "Certo, bisogna rifletterci, c'era tanta gente. Ma suggerirei una cosa: se c'è la febbre, cominciamo a non dare la colpa al termometro".
Alcune le voci contrarie come quella del leader dell'Udc, Pierferdinando Casini, che ha affermato che il V-Day "è stata la più grande delle mistificazioni. Una manifestazione di cui dovremmo vergognarci" polemizzando su un video, trasmesso nella manifestazione di Bologna, in cui Grillo ha attaccato la cosiddetta "legge Biagi", dal nome del giuslavorista ucciso dalle Br nel capoluogo emiliano.

sabato 21 luglio 2007

Gli scalini invece...dello scalone

Roma, 20 luglio. Il Consiglio dei ministri in tarda mattinata ha dato "unanime" via libera all'impianto della proposta sulle pensioni. Dopo la notte precedente passata per ben otto ore seduti ad un tavolo di palazzo Chigi, oltre al premier, i ministri Padoa-Schioppa e Ferrero, ed il sottosegretario Letta e i segretari generali sindacati confederati.
Ma la questione non sembra chiusa affatto per il governo che deve superare le critiche giunte dalla sinistra radicale con Giordano, segretario del Prc Il giudizio politico passerà per la Finanziaria, puntiamo a modificare l'accordo con iniziative sociali e una battaglia parlamentare: posizioneremo sulla Finanziaria la concreta possibilità di intervenire su questo terreno". a cui si accoda anche Diliberto, segretario del Pdci, "Dal nostro punto di vista la delusione è grande. Ci aspettavamo una politica diversa perché un governo di centrosinistra dovrebbe essere sempre dalla parte dei lavoratori, e invece aumenta l'eta pensionabile. Ma la battaglia ora continua nella società e in Parlamento".

Commento negativo anche dal segretario dello Sdi, Boselli. "Si tratta di un accordo mediocre perché non prefigura una vera e propria redistribuzione della spesa sociale tra le generazioni e manca una graduale parificazione tra l'età pensionabile di uomini e donne e una riforma del welfare state, che era davvero quello di cui il Paese avrebbe avuto bisogno".
Anche dal centrodestra si alzano voci di dissenso "E' un accordo scellerato a danno delle giovani generazioni che va in netta controtendenza con quanto accade nel resto d'Europa", afferma Urso (AN). A cui si aggiunge Berlusconi, leader di Forza Italia, "Penso che sia un controsenso questa riforma visto il continuamento della capacità di lavoro, aumento legato alle condizioni di miglior qualità della vita, facendo eccezione per i lavori usuranti".

martedì 3 luglio 2007

Il PD di Walter

Torino, 27 giugno: Walter Veltroni, attuale sindaco di Roma, ha deciso di candidarsi come leader della nuova formazione politica italiana, il Partito Democratico, dopo gli inviti e le lusighe di Prodi, Fassino Rutelli. La scelta di Torino e del lingotto è multipla e motivata dal fatto che proprio al nord, il Governo e i partiti che lo sostengono hanno subito la maggiore perdita di consensi durante le ultime consultazioni amministrative e poi il lingotto rapprensenta la vecchia fabbrica Fiat che unisce l'industria italiana che vuole emergere e i suoi lavoratori che ultimamente sono stati delusi dalla sinistra.
Molte sono stati i punti toccati dal sindaco capitolino, iniziando col dire che il Partito democratico che nascerà con le elezioni primarie del prossimo 14 ottobre sarà il partito del nuovo millennio, contro tutti i conservatorismi "di destra e di sinistra".
Durante il suo discorso ha ringraziato sia Premier Prodi che i leader dei due maggiori partiti (DS e Margherita) che per ora si sono gia impegnati nella costituzione di questa nuova realtà politica che deve essere vista come un evoluzione del Unione e Ulivo, tanto voluta da Romano Prodi, cui promette pieno, coerente e deciso sostegno alle proposte del governo. Veltroni ha dichiarato infatto che "In Italia c'è sempre un retroscena, ma la verità è che se il governo Prodi andasse in difficoltà la prospettiva del Partito democratico sarebbe fortemente compromessa".
Il sindaco di Roma ha voluto dare un giudizio sul Governo precedente. «Berlusconi - ha affermato Veltroni - ha fatto cose sbagliate ma anche cose giuste come la legge sul risparmi e quella sulla sicurezza stradale. C'erano cose ragionevoli anche nella legge costituzionale. Altre cose che ha compiuto erano inaccettabili». Quattro i temi citati: l'ambiente (meno tasse a chi lo rispetta, più tasse agli inquinatori; troppi no finora sul ciclo dei rifiuti), il patto generazionale (con un convinto sostegno al governo Prodi per la mediazione che sta cercando in queste ore sulle pensioni e per eliminare lo scalone), la pressione fiscale (nei prossimi tre anni bisogna rendere possibile una minore tassazione complessiva; sulle rendite finanziarie ha ribadito il favore all'armonizzazione delle aliquote, già scontata dai mercati finanziari) e sicurezza (chi viene in Italia a commetere reati deve pagare e ci vogliono più forze dell'ordine per strada).Ma Veltroni ha voluto lanciare un appello al mondo della politica perché sappia riformarsi; ha condannato "chi indica qualunquisticamente la politica come un nemico" ed ha indicato che "la politica deve essere contrapposizione netta di programmi", contrapposizione che deve però avere un confine netto dove iniziano "la sobrietà ed il rispetto delle persone".

E fissa anche il programma di un Tour programmatico in molte città italiane durante il quale ogni volta affrontera' un tema diverso: dal sistema fiscale italiano di Padova al patto generazionale e alla lotta al precariato di Milano, al rapporto tra donne, mondo del lavoro, della politica e delle istituzioni a Palermo.
A seguito di questa presentazione da parte di Veltroni che ha già registrato l'appoggio della maggioranza Ds e Margherita sono state fatte molte dichiarazioni tra cui quella di Pier Luigi Bersani, attuale ministro dello Svilluppo Economico, da tempo accreditato, con l'appoggio di Enrico Letta, come competitore alla poltrona di Leader del PD - "Sono molto convinto che ci voglia un po' di pensiero, di discussione del percorso che dobbiamo fare. Vedo che tutto viene ridotto a meccanismi di candidature, liste o cose, ma io non ho in testa questo tipo di problema - Credo che dobbiamo fare un partito per i prossimi decenni. Quando ci saranno delle regole definite, vedremo".
Altre dichiarazioni sono giunte dal leader di Sinistra democratica, Fabio Mussi «Naturalmente ho apprezzato la candidatura di Walter, visto che fino a quel momento il progetto del Pd era una nave che correva verso gli scogli. Lui forse può evitare il naufragio, che certo io non mi auguro, ma questo non cambia la mia opinione su quell'avventura politica: il Partito democratico non è e non sarà il mio partito. Non aderirò mai e non lo voterò; Quanto alla Cosa rossa con Pdci, Prc e Verdi, non penso a tempi biblici, e prevedo una corsa insieme alle "amministrative dell'anno prossimo, altrimenti il progetto fallirebbe"

martedì 15 maggio 2007

La Forza della Famiglia

Roma, 12 Mag: Una folla di famiglie, più di milione di persone, provenienti da tutte le città d'italia si sono riunite con i loro passeggini e porta-enfant, per mostrare che la famiglia tradizionale è più che mai forte e radicata nella nostra cultura. Gli organizzatori e gli oratori che si sono susseguiti sul palco, nella cornice di una piazza San Giovanni, solitamente famosa per il tradizionale concerto del primo maggio, hanno espesso la loro grande felicità per la riuscita di questa manifestazione che come molti hanno dichiarato era "a favore" della Famiglia e non contro "i DICO". Tra i più entusiasti per la riuscita della manifestazione ci sono molti lieder politici, appartenenti al centro-destra, da sempre promotori di manifestazioni a favore della famiglia tra cui Gianfranco Fini, che ha rimarcato che il Family Day non è stata solo una manifestazione cattolica infatti In piazza San Giovanni c’erano anche molti laici. E questo significa che i Dico ormai sono affossati”, a lui si aggiunge e rincara la dose anche Pierferdinando Casini, leader dell’Udc, facendo notare la necessità di rafforzare le politiche sulla famiglia. Mentre Silvio Berlusconi, leader della Casa delle Liberta, presente al Family Day, ha dichiarato che "Gli italiani hanno detto no a Prodi e ai suoi Dico, il premier dovrebbe ascoltare le persone scese in piazza e ritirare il suo disegno di legge sulle coppie di fatto, dopo il trionfo di piazza San Giovanni ed il tonfo di piazza Navona e che nessun vero cattolico deve appoggiare il centro sinistra"
A queste dichiaranzioni fà eco anche il presidente della Cei e arcivescovo di Genova, monsignor Angelo Bagnasco che afferma che la manifestazione è stata una testimonianza rispettosa e gioiosa sul valore della famiglia

Sempre con il suo carattere pungente e sardonico il senatore leghista Roberto Calderoli ha aggiunto "Adamo ed Eva hanno battuto Adamo e Giuseppe con un netto e indiscutibile 6-0. Viva la famiglia, abbasso i culattoni".


Risposte a queste dichiarazione non sono tardate ad arrivare da parte del governo che per voce del Guardasigilli Clemente Mastella, schierato con l'intera famiglia sabato a piazza San Giovanni «Nei prossimi giorni presenteremo in Parlamento due mozioni perché una quota consistente del cosiddetto tesoretto, almeno il 25 per cento, sia destinata alle famiglie. Su questo impegneremo il governo ma anche l'opposizione, così vedremo chi fa sul serio e chi no, chi la famiglia la difende nei fatti e chi solo a parole» Dichiarazioni diverse da altre anime del governo come il ministro delle Pari Opportunita' e dei Diritti, Barbara Pollastrini, che pur riconoscendo la portata dell'evento rimane convinta che "la maggioranza della societa' italiana condivida valori di laicita', responsabilita' e dignita' della persona. Non mi faccio abbagliare da una pur grande manifestazione in un Paese che ha visto eventi altrettanto e piu' partecipati e ritengo un errore, che qualcuno degli organizzatori voglia usare la piazza in modo strumentale e un po' cinico contro un 'nemico', i Dico, che non c'e'. Perche', lo ribadisco, i Dico nulla levano alla famiglia ne' equiparano i diritti delle coppie di fatto al matrimonio".


Altre tensioni si sono create nella maggioranza portate aventi da i lieder della neo-ricostruita unità socialista e dai radicali che per voce di Boselli e della Bonino hanno attaccato gli appartenenti al governo che hanno partecipato alla manifestazione e che hanno preso subito le distanze delle decisione delll'esecutivo

martedì 17 aprile 2007

Il loquace Romano

In queste ultime settimane molti dei partiti che fino ad ora hanno fatto parte di coalizioni si stanno riunendo nelle loro congressi generali, e da ogni palco i leader dei diversi partiti lanciano proclami sulla necessita di cambiamento e di novità nella politica e cosi riecheggiano i nomi di "PSI" - "DC". Sembra quindi un ritorno alle origini ed al passato inveche che uno sguardo verso il futuro.
Il motivo di tutto questo fermento sono le spinte sempre più forti dei leader delle coalizioni di non perdere alleanza con i partiti che con i loro voti possano decidere l'esito delle elezioni, Prodi con il Partito Democratico e Berlusconi con il Partito delle Libertà, che insieme ad una legge elettorale ad hoc farebbe sparire tutti i molti partiti che non vogliono entrare a far parti di queste novità elettorali.

Il Premier Prodi, anche ieri dal Giappone, durante la sua visita ufficiale, lanciava proclami come "Il Partito democratico non nasce contro i partiti ma per andare oltre i partiti, perchè l'obiettivo è quello di mettere insieme le forze riformiste che hanno una diversa origine e che sono divise e creare un grande partito di Centrosinistra".
E oltre a questo ha parlato della riforma elettorale con un particolare ottimismo, forse dovuto alla lunga distanza dai palazzi romani e dai suoi molti alleati, dichiarando che "ora il Parlamento deve trovare una più ampia intesa possibile su questo tema, richiesta venuta più volte anche dal Presidente Napolitano, aggiungendo che il valore della stabilità è importante per tutti. Per questo cocciutamente bisogna insistere, perché altrimenti si ricade nell’instabilità il giorno dopo". Queste frasi servono per tiene buoni i piccoli partiti della sua maggioranza, rassicurandoli sul fatto che alla fine una nuova legge elettorale eviterà i referendum, garantendo a tutti, grandi e piccoli, che nessuno sarà penalizzato.
Queste affermazioni sono arrivate dopo le conclusioni del segretario Boselli dal Congresso nazionale del Sdi di Fiuggi, aprendo la Costituente Socialista per giungere in autunno, si pensa a Genova, ad un nuovo partito che riprenderà il nome che ha sempre avuto dal 1893, Partito Socialista Italiano (PSI), cercando di riunire in esso oltre a tutti i socialisti e quelli che vengano anche da storie diverse anche coloro che non vedono di buon grado la scelta della nascita del PD con la confluenza della Margherita e del Pds, come la corrente guidata dal senatore Salvi e Mussi. Infine rispondendo a Prodi dichiara che “Non ci ha convinto. Siamo distinti, ma non distanti" dal nuovo progetto politico dell'asse Rutelli - Fassino.

mercoledì 28 marzo 2007

L'Unione e UDC approvano!

Il Senato ha approvato il decreto per il rifinanziamento delle missioni militari dove sono impegnate truppe italiane all'estero, compresa e soprattutto quella in Afghanistan. Il voti a favore giunti dalla maggioranza, con il supporto del UDC, sono stati 180, mentre il resto della opposizione ha scelto compatta di astenersi, vedendo che il dialogo parlamentare con la proposta di Ordini del giorno era impossibile, dato che gli emendamenti avrebbero rispedito alla verifica dell'altra camera e il decreto non sarebbe potuto essere approvato entro i termini legislativi di domenica. Gli ordini del giorno, anche dopo aver ascoltato le dichiarazioni del Ministro degli Esteri, gli ultimi attacchi, due in 10 giorni, subiti dai nostri soldati in territorio Afghano e le richieste degli altri membri delle alleanza presenti sul territorio di guerra, erano indirizzati per modificare le armi a disposizione delle nostre truppe.
La maggioranza ha bocciato tutti questi documenti prodotti dall'opposizione ad esclusione di uno proposto dalla Lega Nord.

Il voto di ieri è stato seguito con attenzione anche dalla Nato, attraverso il proprio segretario generale, con l'auspicio di un mantenimento dell'impegno sin qui portato avanti dall'Italia in Afghanistan e il dipartimento di Stato americano ha auspicato da parte degli alleati un aumento della presenza militare invitandoli anche a ''limitare o eliminare" i caveat esistenti, ovvero le limitazioni geografiche o di intervento stabilite per i diversi contingenti nazionali. A questi ultime richieste è arrivata una risposta negativa da parte del governo per voce del ministro D'Alema dichiarando che le regole d'ingaggio non sono in nostra disponibilità perché è una decisione in pertinenza della Nato e l'Onu, ma che promette in risposta ai molti ordini del giorno proposti dall'opposizione che l'esecutivo provvederà alle esigenze di protezione dei soldati italiani in Afghanistan sulla base di una relazione tecnica predisposta dallo Stato maggiore delle Forze Armate.
Il superamento di questo scoglio al Senato rimanda per ora la questione della gestione delle truppe italiane all'estero ed i rapporti con gli alleati che sono sempre più stanchi di questa situazione di poca chiarezza da parte del governo italiano, che approva il rifinanziamento delle missioni ma sceglie una linea sempre diversa per il suo impegno negli scenari di guerra, per tenere unite le forze della sinistra radicale da sempre contro queste missioni di pace e decide sempre da sola per risolvere i problemi che la colpiscono, chiedendo però spesso supporto alle altre forze presenti, come ad esempio la liberazione del giornalista di Repubblica o con proposte di mediazione con i Talebani.

mercoledì 21 marzo 2007

Il Costo della Libertà

Dopo esattamente 15 giorni Daniele Mastrogiacomo, giornalista di Repubblica, è stato consegnato lunedi pomeriggio all’organizzazione umanitaria Emergency nell’ospedale di Lashkar-gah nel Sud dell’Afghanistan dopo essere stato in mano di bande di Talebani, che come ha dichiarato lui stesso appena liberato durante la telefonata alla moglie e al suo direttore, lo hanno tenuto incatenato per tutta la prigionia ed è stato costretto a cambiare continuamente prigione. A seguito di questa liberazione, il premier Prodi in un comunicato diffuso da palazzo Chigi ha ringraziato tutti coloro che hanno contribuito alla soluzione della vicenda ad iniziare dal ministro degli Esteri Massimo D'Alema, l’ambasciatore a Kabul Ettore Sequi, l’ammiraglio Bruno Branciforte che ha guidato le operazioni del Sismi, le organizzazioni umanitarie con in testa Gino Strada fondatore di Emergency e il governo afgano di Hamid Kharzai, sottolineando inoltre l’atteggiamento serio e collaborativo di tutte le forze politiche, nessuna esclusa, fondamentale nel mostrare la compattezza e la determinazione del nostro Paese per il raggiungimento dell’obiettivo.
Il mullah Dadullah, capo Talebano che controlla il sud Afghanistan, ha spiegato che l'ostaggio è stato restituito al suo Paese in cambio della scarcerazione di cinque prigionieri talebani, e consegnato a "funzionari italiani" nel distretto di Hazarijuft nella provincia meridionale di Helmand. Tra gli uomini liberati c'è anche suo fratello Mansoor Ahmad. Gli altri sono: Ustad Yasir, il Mufti Latifullah Hakimi (ex portavoce dei talebani) e i due comandanti Hamdullah e Abdul Ghaffar.
La liberazione del giornalista però apre nuovamente discussioni sul modo di comportamento italiano in situazioni di crisi per rapimenti dei nostri connazionali in zone di guerra, come già era accaduto con le "due simone" e la "Sgrena", che tanto differisce da quello degli altri stati che partecipano alla missione Nato. Il primo punto di questa discussione nasce dal mancato rilascio di Adjmal, l'interprete afghano di Mastrogiacomo, di cui si è persa traccia, e della mancata consegna del corpo dell'autista ai familiari, ucciso sotto gli occhi del giornalista, come lui stesso ha dichiarato, che ha scaturito una protesta davanti all'ospedale di Emergency da parte di parenti e amici dei due afghani, senza contare all'arresto da parte di forze di sicurezza afghane del mediatore di Emergency, Rahamatullah Hanifi, responsabile del personale dell'ospedale di Lashkar Gah. Il secondo punto è l’attacco ai militari italiani a nemmeno 24 ore dalla liberazione di Mastrogiacomo è una conferma che con la linea della trattativa con i terroristi, siamo diventati un bersaglio, come ha dichiarato Giorgio La Malfa (Partito Repubblicano Italiano) appoggiato da esponenti dell'opposizione, aggiungendo che questo attacco conferma un avvicinamento della zona di combattimento attivo a Herat come avevano annunciato molti esperti di tattica militare e politica estera nei giorni passati. Su questo argomento Benedetto Della Vedova presidente dei Riformatori Italiani ha dichiarato che la politica estera italiana non può essere e neppure apparire neutrale o ‘equivicina’ alle istanze delle fazioni talebane e alle esigenze del governo Karzai. In una parola, la politica estera del governo e quindi dell’Italia non può essere quella di Gino Strada e che bisogna dotare, in tempi brevi, i nostri militari in Afghanistan di armi di difesa attiva e non continuare a nascondersi dietro finti pacifismi invocati dalla sinistra radicale.

lunedì 19 marzo 2007

Cesare Battisti - "il turista noir torna a casa"

Rio de Janeiro, 18 mar. Dopo anni di latinanza e caccia da parte di polizie internazionali è stato arrestato Cesare Battisti, il leader dei «proletari armati», condannato in contunacia nel 1993 all'ergasotlo per omicidio, che aveva fatto sparire le sue traccie nel 2004. Lo hanno trovato mentre prendeva il sole sulla spiaggia di Capocabana, come tanti turisti insieme ad una sua amica francese, Lucie Genevieve Oles, che gli aveva portato una valigia contenente 9 mila euro. Le vicende che riguardano il terrorista degli anni di piombo italiano, arrestato nel '79 ed evaso nel '81 per rifugiarsi in Francia, e grazie al teorema Mitterrand che impediva l’estradizione anche ai terroristi, se rinnegavano la lotta armata, gli aveva permesso di vivere indisturbato in terra transalpina aprendo per lui una carriera di scrittore di racconti noir, ricordiamo per esempio "Travestito da uomo". Lui si è sempre dichiarato innocente, aver solo ammesso di esserer parte dei Proletari armati per il comunismo,ma smentito di aver sparato a qualcuno anche se accusato da parte di stessi compagni brigatisti ora dissociati. L'arresto di questo brigatista, mai pentito e rincorso per 28 anni fatti di fughe e caccia da parte degli uomini dell'UCIGOS (Ufficio Centrale per le Investigazioni Generali e per le Operazioni Speciali), reparto creato da Cossiga nel '78, ha nuovamente aperto polemiche e ricordi degli anni che hanno riempito di sangue il nostro paese, e la questione della estradizione per i protagonisti di quegli anni. In francia, la sinistra radicale e il candidato centrista alle presidenziali, François Bayrou, rimbroverano il ministro dell'Interno e candidato della destra all'Eliseo, Nicolas Sarkozy, che questa operazione e un "colpo elettorale" e chiedono alle autorità italiane di risottoporre Battisti ad un nuovo processo, anche se questo è impossibile secondo le leggi giudiziarie italiane. I comitati francesi che aiutano i brigatisti rossi latitanti e i gruppi di estrema sinistra italiani si stanno invece mobilitando per chiedere l'amnistia dichiarando che Battisti è vittima di un complotto politico-giudiziario italo-francese.
Ora, il prossimo passo del Governo italiano, sarà la richiesta di estradizione, a seguito di questa opeazione congiunta della polizia brasiliana, francese e dell'Ucigos italiana. Un portavoce del ministero degli Esteri brasiliano lascia ben sperare dato che esiste un trattato tra Brasile e Italia siglato nel 1989 e entrato in vigore nel 1993 su questo tipo di operazioni. Mentre Carlo De Stefano, direttore del UCIGOS, promette nuovi sviluppi, Giuliano Amato, ministro dell'interno, riporta alle forze di polizia italiane "i meritati rallegramenti" personali e del Premier "per la brillante operazione che ha condotto alla cattura di Cesare Battisti ringraziando la cooperazione delle polizie di paesi amici", al quale si aggiunge una nota del leader Ds Piero Fassino che dichiara che è un bene che i responsabili dei gravissimi atti di terrorismo che hanno provocato vittime innocenti e sconvolto la vita del paese siano assicurati alla giustizia. Anche dalla Casa delle libertà si alzano plausi per questa brillante operazione, Luca Volontè, capogruppo Udc alla Camera dichara che è un ottima notizia l'arresto di Cesare Battisti, brigatista alla macchia da troppo tempo. Ora D'Alema e Mastella ne chiedano la pronta estradizione e venga finalmente ed esemplarmente incarcerato in Italia" a cui fa eco Giorgia Meloni, parlamentare di AN e vicepresidente della Camera dei Deputati che afferma che è una notizia che aspettavamo da anni. Una volta resa effettiva l'estradizione, la giustizia potrà finalmente riprendere il cammino interrotto 25 anni fa; Attendiamo perciò il rientro in Italia dell ex leader dei Pac, dove sconterà la pena inflitta per omicidio plurimo, che è riuscito ad evitare solo grazie alla fuga. Mi sento di rivolgere un doveroso pensiero anche alle famiglie delle vittime uccise da Battisti, che a lungo hanno atteso questo momento e che finalmente potranno riacquistare fiducia nelle Istituzioni italiane nel vedere l'assassino dei loro cari pagare con la reclusione per le sue colpe".

domenica 11 marzo 2007

DICO....UNIONE non di FATTO

La manifestazione romana di sabato a favore dei Dico, che secondo gli organizzatori ha coinvolto 80mila partecipanti, ha riaccesso le polemiche ed il dibattito sul disegno di legge e sui rischi per la tenuta dell'esecutivo legati all'approvazione di questa legge come ha sostenuto il ministro Mastella rispondendo ai fischi ed insulti a lui indirizzati dai manifestanti che creano "inevitabilmente l'apertura di un solco, una frattura all'interno del centrosinistra che va ricomposta in modo breve altrimenti si starà assieme e si faranno sogni diversi, una cosa che non è possibile fare. Qualcosa è cambiato e purtroppo devo prenderne atto". Queste dichiarazione mostrano ancora una volta la presenza di più anime all'interno della coalizione che supporta il Governo Prodi, dato che tre colleghi dell'esecutivo del guardasigilli, Barbara Pollastrini (Pari Opportunità), Alfonso Pecoraro Scanio (Ambiente) e Paolo Ferrero (Solidarietà sociale) erano presenti sul palco della manifestazione. Secondo alcuni esponenti della maggioranza, che hanno plauso al primo ministro quando ha delegato al parlamento e non più al governo la materia delle unioni di fatto, hanno dichiarato che si auspicavano che il primo minstro doveva dare un'indicazione congrua prima e non dopo, dicendo che era auspicabile che nessuno dell'esegutivo andasse a nessuna manifestazione che potesse creare rotture alla maggioranza. Monaco (Margherità) ha dichiarato, a supporto delle preplessita del Ministro della Gustizia, che la presenza alla manifestazione di ministri era "Legittima, ma inopportuna per un problema di stile poichè i ministri devono piuttosto caratterizzarsi per il loro impegno dentro le istituzioni ed a maggior ragione quando il governo ha delegato all'esame del parlamento e perche anche all'annunciata manifestazione per la famiglia (e sostanzialmente contro i 'dico') vedrà la partecipazione di altri ministri, accreditandola tesi di una contrapposizione tra 'dico' e famiglia cui corrisponderebbe una divisione nel governo stesso.
A smorzare le polemiche è intevenuto il leader Ds Fassino, dichiarando "Non credo proprio che i Dico possano rappresentare un momento di frattura per il governo che da ha fatto la sua parte presentando un disegno di legge che a noi sembra equilibrato e serio. Ora il ddl è all’attenzione del parlamento; si tratta di discutere, ragionare e trovare le soluzioni adeguate: credo sia possibile e noi ci batteremo per questo».

giovedì 8 marzo 2007

Afganistan: tallone d'Achille Italiano

"Come fur giunti e in un raccolti, in mezzo levossi Achille piè-veloce, e disse: Atride, or sì cred'io volta daremo nuovamente errabondi al patrio lido, se pur morte fuggir ne fia concesso; ché guerra e peste ad un medesmo tempo ne struggono. Ma via; qualche indovino interroghiamo, o sacerdote, o pure interprete di sogni (ché da Giove anche il sogno procede), onde ne dica perché tanta con noi d'Apollo è l'ira: se di preci o di vittime neglette il Dio n'incolpa, e se d'agnelli e scelte capre accettando l'odoroso fumo, il crudel morbo allontanar gli piaccia. (Iliade, Canto I)"

In questi ultimi giorni l'Afganistan sta tornando prepotentemente nei discorsi di molti intaliani, a causa degli ultimi eventi che riguardano questo lontano paese; Con la primavera è giunta l'annunciata grande offensiva delle forze Nato (4500 uomini9 insieme a forze regolari afghane (1000 uomini) con la missione Achille sotto la guida del maggior generale Ton van Loon comandante del Southern Regional Command di Isaf, con lo scopo oltre a quello di riprendere in mano il controllo della sicurezza nelle regioni del sud, vi è anche quello di spianare la strada al programma di ricostruzione, compresa la diga di Kajaki che, se non fosse continuamente attaccata dai talebani, fornirebbe elettricità per l’intera provincia e di sviluppo economico dell'intera area combattendo gli estremisti talebani, narcotrafficanti e altri elementi di destabilizzazione. Ma proprio la questione Oppio ha messo in moto una discussione parlamentare che ha portato all'accogliemento da parte del Governo di un Ordine del giorno alla camera firmato da Rosa nel Pugno, Verdi e Rifondazione cui l’Italia si fa promotrice, a livello internazionale, dell’acquisto dell’oppio afgano per riconvertirlo in sostanze antidolorifiche, per stroncare i signori della droga ed il primo finanziamento del fronte talebano, da discutere in una conferenza multilaterale di pace. Senza contare il rapimento da parte dei talebani del giornalista di Repubblica, Daniele Mastrogiacomo, che influisce a rendere complicata la discussione nonostante sia Fassino che D’Alema avessero sottolineato la sconvenienza che la vicenda diventasse l’occasione strumentale per mettere in discussione l’impegno in Afghanistan. Tutto questo nel giorno in cui, dopo i dilungamenti sugli emendamenti (22) e gli ordini del giorno (35), che ieri hanno indotto i gruppi parlamentari a rimandare a stamattina il voto sul decreto. Un voto che, alla Camera, si sta rivelando più complesso del previsto dopo le dichiarazioni di voto da parte di partiti sia maggiornaza che opposizione si sono posti con veti incrociati su tale missione, che vanno dalla Lega che dichiara di astenersi nel caso che non vengano accolte le sue richieste di aumento di truppe (come tra l'altro chiesto anche dai nostri alleati inglesi e americani) a una svolta verso un ripensamento generale di tutta la missione con una svolta pacifista con il ritiro delle truppe e invio di personale civile umanitario da parte della estrema sinistra radicale.


martedì 6 marzo 2007

Maggioranze parlamentari variabili: La cura per il Governo


L'ipotesi lanciata da Giuliano Amato, ministro dell'Interno e subito ripresa da Fausto Bertinotti, presidente della Camera secondo i quali "le maggioranze variabili sono possibili, sono le forze politiche a dover decidere se il sostegno di una maggioranza diversa a un singolo provvedimento rappresenti una ragione per togliere la fiducia" ha creato le reazioni da parte di molti partiti sia di maggioranza che dell'opposizione. Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha già deciso che incontrerà su questo delicato tema il ministro dell'Interno, dato che sicuramente non avallerebbe una situazione nella quale il ricorso a maggioranze variabili diventasse sistematico, perché in quel caso la vita parlamentare verrebbe dominata dal trasformismo e come più volte ha dichiarato in questi mesi di costante rischio di crisi del governo Prodi "i dissensi nella maggioranza vanno affrontati e risolti e non aggirati". Questa proposta nasce anche per rispondere ad una richiesta proprio del Capo dello Stato che la scorsa settimana aveva invocato “larghe intese” su provvedimenti di interesse nazionale, come i rapporti con le istituzioni internazionali (Nato) e gli impegni presi con stati esteri (Usa per la base di Vicenza e TAV) che ne valgono la credibilità nazionale, e sulle riforme istituzionali. In realtà questa proposta e’ una delle ultime possibili carte giocate da parte di alcuni esponenti del Governo che riconoscono “tendenze inconciliabili” all’interno della coalizione che ha vinto le elezioni che portano alla costante ingovernabilità per veti incrociati e prefigurano la difficoltà che presto dovrà affrontare l’esecutivo su temi come Afghanistan, Dico, Pensioni e Tav. L’opposizione nelle dichiarazioni di Altero Matteoli, presidente dei senatori di AN, e Fabrizio Cicchitto, vice coordinatore di FI, invitano il Governo a valutare il sostegno di almeno 158 eletti a Palazzo Madama su uno qualunque dei temi contestati altrimenti dovrebbe andare al Quirinale e dimettersi, senza continuare con questi escamotage.

lunedì 5 marzo 2007

I Referendum Elettorali


Dopo le esternazioni di Prodi, sul blocco o la proroga dei refendum elettorali, molti esponenti politici si sono espressi circa questo annoso della riforma elettorale. Uno dei primi a commentare e dissentire circa le parole del premier è stato Giovanni Guzzetta, presidente del comitato promotore del referendum elettorale che ha dichiarato "non posso che ricordare al presidente Prodi che se il dialogo parlamentare è iniziato, è proprio perché i referendari si sono fatti carico della indignazione dei cittadini contro questa legge elettorale che la precedente maggioranza ha imposto sotto il ricatto operativo di Pier Ferdinando Casini e ha ribadisco che la raccolta di firme e l'iter burocratico inizierà regolarmente il 24 aprile". Molti esponenti di partiti di entrambi gli schieramenti, in maggioranza quelli rappresentanti dei più piccoli si esprimono contro questo possibile referendum che spinto anche dalle idee di Mariotto Segni, padre del maggioritario italiano con le sue battaglie referendarie passate, hanno paura di perdere la loro rappresentanza parlamentare, e che ha portato alle dimissioni alla fine dell'anno scorso di sei esponenti politici dal tavolo della discussione (tra loro l'ex ministro Ds Franco Bassanini, l'ex presidente della Corte Costituzionale Enzo Cheli e il deputato della Margherita Roberto Giachetti), sostenendo che, in caso di vittoria dei sì, la legge frutto del referendum andava comunque riformata e non poteva essere direttamente applicata.
Ma pochi conoscono i quesiti che il comitato ha preparato:
- PREMIO DI MAGGIORANZA. Il premio di maggioranza verrebbe attribuito solo alla lista singola (e non più alla coalizione di liste) che abbia ottenuto il maggior numero di seggi in ognuna delle camere che spingerebbe i partiti a puntare alla costruzione di un unico raggruppamento, incentivando una significativa ristrutturazione del sistema partitico apprendo cosi all'Italia, una prospettiva tendenzialmente bipartitica reale
- NO A CANDIDATURE MULTIPLE. Vieta la possibilità di essere candidato in più circoscrizioni. Togliendo la possibilità al plurieletto di decidere il destino dei candidati la cui elezione dipende dalla propria opzione, levando cosi potere alle segreterie dei partiti e riversandolo direttamente sugli elettori.
Ricordiamo infine come è composto questo comitato che Prodi ha definito "pistola puntata sul Parlamento"; presieduto da Giovanni Guzzetta, 40 anni, avvocato, ordinario di diritto pubblico a Tor Vergata; coordinato da Mario Segni. Tra i 158 componenti, ci sono esponenti del centrosinistra (Boato, Bordon, Capezzone, Cuperlo, D'Amico, Filippeschi, Lucà, Manzione, Melandri, Parisi, Realacci, Rivera, Rossi, Turci) e del centrodestra (Alemanno, Brunetta, Martino, Prestigiacomo, Micciché); costituzionalisti (Barbera, Ceccanti, Sandulli, Quagliarello, Vassallo); amministratori (Bassolino, Chiamparino, Cacciari, Poli Bortone, Penati, Pericu).

mercoledì 28 febbraio 2007

Palazzo Madama dice SI al Governo Prodi

Roma, 28 feb. Dopo la replica del premier, il Senato ha votato la fiducia al governo di Romano Prodi. La mozione è stata approvata con 162 voti a favore e 157 contrari superando il quorum fissato a 160, grazie alle assenze di Andreotti e Pininfarina. I sì sono arrivati da 158 senatori eletti più 4 senatori a vita: Ciampi, Colombo, Levi Montalcini e Scalfaro. Dei senatori a vita presenti solo Cossiga ha votato contro. Il Professore si dichiara soddisfatto per il risultato ottenuto, perchè dimostra l'autosufficienza della sua maggioranza sotto tutti gli aspetti, anche senza i senatori a vita che, in ogni caso sono uguali agli altri".
Dalle dichiarazioni di voto, oltre lo scontato voto di Follini (Italia di Mezzo), si sono espressi a favore anche Pallaro (eletto nella circoscrizione estera) dichiarando "voto per la governabilità", anche se ha gia annunciato che non votera a favore dei tanto discussi "Dico", anche i due "dissidenti" dell'Unione, Franco Turigliatto e Fernando Rossi, hanno dato la fiducia, ma con "distanza" dato che non condividono alcune scelte del Governo come il rifinanzianmento della missione in Afganistan, la costruzione della Tav e la riforma della pensione durante il quale voto voteranno contro.
Quindi la vita di questo governo si prospetta con molte difficoltà e ricerca continua di appoggi variabili per tenerlo in vita, non deludendo le aspettative della comunità internazionale e degli elettori della sinistra radicale che ha votato questo Governo.

domenica 25 febbraio 2007

Cgil e Br: la storia continua



L'inchiesta sulle nuove Brigate rosse, zeppe di iscritti al sindacato, pone nuovamente sotto il riflettori di molti incotri tra queste due realta, e pur sapendo che in una struttura con milioni di tesserati può infiltrarsi chiunque, sarebbe utile che i massimi vertici del sindacato raccontassero per intero la verità sulla Cgil e il terrorismo di sinistra in Italia. Da giorni i dirigenti sindacali ripetono che la Cgil è sempre stata un baluardo fondamentale nella lotta al terrorismo. Purtroppo, non è andata così. All'inizio, nel 1970, la Cgil, come il Pci e il Psi, sostenne che avevamo di fronte un terrorismo fascista, mascherato di rosso. I comunicati sindacali ruotavano sempre sul tema della «provocazione», poi diventata «oggettiva provocazione». Chi affermava il contrario era anche lui un provocatore, al servizio del padronato.Fu l'errore che generò tutti gli altri. Nel 1974, quando le Br uccisero due missini a Padova, le loro prime vittime, anche la Cgil si sdraiò sulla teoria che il delitto era il frutto di una faida interna al neofascismo. Due giorni dopo, le Br rivendicarono l'azione. Ma neppure allora il sindacato volle arrendersi alla realtà.Il secondo errore fu persino più grave. Allorché risultò chiaro che le Br appartenevano all'album di famiglia della sinistra, si passò alla formula dei «compagni che sbagliano». Una litania ripetuta di continuo, in opposizione a quella del «complotto padronale». A chi parlava di congiura del capitalismo, si rispondeva: «No, i brigatisti fanno parte del movimento e sono recuperabili».Piero Fassino (Segretario DS), che da sempre si è opposto contro il terrorismo e in una città come Torino, dichiaro nel '73 che fossero entrambe sbagliate, essendo «come due anime sempre presenti non soltanto nel sindacato e nella sinistra in generale, ma nel Pci, che spesso sottovalutava l'ampiezza e la pericolosità dell'attacco terroristico. La Dc sembrava paralizzata. Gli altri partiti non andavano al di là degli ordini del giorno di condanna. Il sindacato era tutto preso da problemi diversi: la polemica sui sacrifici, l'austerità, le tariffe. E la sua tendenza a sottovalutare, e a dire “Sono compagni che sbagliano”. Nel 1978 quando le Br rapirono Aldo Moro in molte assemblee sindacali si sentì dire: «Moro è il simbolo di questo Stato, lo Stato dell'affare Lockheed, di Sindona, degli evasori fiscali, e noi dovremmo difenderlo?». Qualcosa cambiò soltanto nel gennaio 1979, quando le Br uccisero Guido Rossa a Genova, il consiglio di fabbrica dell'Italsider si spaccò sulla decisione di accompagnare Rossa che doveva testimoniare al processo contro il postino brigatista. Una parte dei delegati disse: «Chi vuole andare con Rossa, si metta in ferie e ci vada per conto suo».
Epifani (Segretario generale CGIL), ha dichiarato a seguito della nuova incheista milanese sulle BR a margine dell'assemblea dei delegati veneti a Mestre «mi pare che stia emergendo una rete non vastissima, come dicono gli stessi inquirenti. Bisogna far lavorare la Magistratura ed io ho molta fiducia nel suo lavoro e spero che possa fare chiarezza fino in fondo, trovare quello che ancora non e' emerso ed estirpare tutte le cose che non sono emerse, che non vanno e in questo modo evitare un ritorno del terrorismo".». In questo senso la «La costituzione di parte civile certamente è una delle scelte che facciamo per marcare nei processi la nostra vicinanza alle vittime e la nostra lontananza dai terroristi. Non accetteremo che si indeboliscano la Cgil e le sue strutture; Bisogna interrogarsi sul rapporto tra il nuovo terrorismo e i giovani. E' questa "la questione" piu' delicata che dobbiamo affrontare».

sabato 24 febbraio 2007

Napolitano rinvia Prodi alle Camere


Governo, Napolitano rinvia Prodi alle Camere

Roma, 24 feb. Giorgio Napolitano ha rinviato il governo Prodi alle Camere. E' questo il responso finale emesso dal presidente della Repubblica, dopo le due giornate di consultazioni al Quirinale, al termine del colloquio di questa mattina con il presidente del Consiglio La nota ufficiale cita ''ha respinto le dimissioni del governo e ha invitato il presidente del Consiglio a presentarsi al piu' presto al Parlamento, per verificare la sussistenza del rapporto fiduciario, l'ipotesi legittime e motivate di sperimentazione di una diversa e piu' larga intesa di maggioranza a sostegno di un governo impegnato ad affrontare le piu' urgenti scadenze politiche e in particolare la revisione della legge elettorale, ipotesi sostenute da alcune componenti della Casa delle Liberta', non sono risultate sufficientemente condivise, per poter essere assunte come base della soluzione della crisi del governo Prodi".
Dodici sono i punti per la ripresa dell'attività di governo che Prodi ha definito "prioritari e non negoziabili"
1. "Rispetto degli impegni internazionali e di pace. Sostegno costante alle iniziative di politica estera e di difesa stabilite in ambito Onu ed ai nostri impegni internazionali, derivanti dall'appartenenza all'Unione Europea e all'Alleanza Atlantica, con riferimento anche al nostro attuale impegno nella missione in Afghanistan. Una incisiva azione per il sostegno e la valorizzazione del patrimonio rappresentato dalle comunità italiane all'estero".
2. "Impegno forte per la cultura, scuola, università, ricerca e innovazione".
3. "Rapida attuazione del piano infrastrutturale e in particolare ai corridoi europei (compresa la Torino-Lione). Impegno sulla mobilità sostenibile".
4. "Programma per l'efficienza e la diversificazione delle fonti energetiche: fonti rinnovabili e localizzazione e realizzazione rigassificatori".
5. "Prosecuzione dell'azione di liberalizzazioni e di tutela del cittadino consumatore nell'ambito dei servizi e delle professioni".
6. "Attenzione permanente e impegno concreto a favore del Mezzogiorno, a partire dalla sicurezza".
7. "Azione concreta e immediata di riduzione significativa della spesa pubblica e della spesa legata alle attività politiche e istituzionali (costi della politica)".
8. "Riordino del sistema previdenziale con grande attenzione alle compatibilità finanziarie e privilegiando le pensioni basse e i giovani. Con l'impegno a reperire una quota delle risorse necessarie attraverso una razionalizzazione della spesa che passa attraverso anche l'unificazione degli enti previdenziali".
9. "Rilancio delle politiche a sostegno della famiglia attraverso l'estensione universale di assegni familiari più corposi e un piano concreto di aumento significativo degli asili nido".
10. "Rapida soluzione della incompatibilità tra incarichi, di governo e parlamentari, secondo le modalità già concordate".
11. "Il portavoce del presidente, al fine di dare maggiore coerenza alla comunicazione, assume il ruolo di portavoce dell'esecutivo".
12. "In coerenza con tale principio, per assicurare piena efficacia all'azione di governo, al presidente del Consiglio è riconosciuta l'autorità di esprimere in maniera unitaria la posizione del governo stesso in caso di contrasto"
I Dico, assenti dal documento. Alle insistenze di Marco Pannella, (Rosa nel Pugno) che avrebbe voluto i 'Dico' nel documento programmatico il premier ha replicato che i 'dodici punti' riguardano l'attività futura del Governo, mentre i 'Dico' sono stati già approvati dal Consiglio dei Ministri.
Il volto nuovo per uscire dalla crisi è Marco Follini (Italia di Centro) ex segretario UdC e vice-premier del Governo Berlusconi ha dichiarato di votare la fiducia al governo Prodi e di voler partecipare alla costruzione di un nuovo centrosinistra, sempre più orientato verso il centro.