domenica 25 febbraio 2007

Cgil e Br: la storia continua



L'inchiesta sulle nuove Brigate rosse, zeppe di iscritti al sindacato, pone nuovamente sotto il riflettori di molti incotri tra queste due realta, e pur sapendo che in una struttura con milioni di tesserati può infiltrarsi chiunque, sarebbe utile che i massimi vertici del sindacato raccontassero per intero la verità sulla Cgil e il terrorismo di sinistra in Italia. Da giorni i dirigenti sindacali ripetono che la Cgil è sempre stata un baluardo fondamentale nella lotta al terrorismo. Purtroppo, non è andata così. All'inizio, nel 1970, la Cgil, come il Pci e il Psi, sostenne che avevamo di fronte un terrorismo fascista, mascherato di rosso. I comunicati sindacali ruotavano sempre sul tema della «provocazione», poi diventata «oggettiva provocazione». Chi affermava il contrario era anche lui un provocatore, al servizio del padronato.Fu l'errore che generò tutti gli altri. Nel 1974, quando le Br uccisero due missini a Padova, le loro prime vittime, anche la Cgil si sdraiò sulla teoria che il delitto era il frutto di una faida interna al neofascismo. Due giorni dopo, le Br rivendicarono l'azione. Ma neppure allora il sindacato volle arrendersi alla realtà.Il secondo errore fu persino più grave. Allorché risultò chiaro che le Br appartenevano all'album di famiglia della sinistra, si passò alla formula dei «compagni che sbagliano». Una litania ripetuta di continuo, in opposizione a quella del «complotto padronale». A chi parlava di congiura del capitalismo, si rispondeva: «No, i brigatisti fanno parte del movimento e sono recuperabili».Piero Fassino (Segretario DS), che da sempre si è opposto contro il terrorismo e in una città come Torino, dichiaro nel '73 che fossero entrambe sbagliate, essendo «come due anime sempre presenti non soltanto nel sindacato e nella sinistra in generale, ma nel Pci, che spesso sottovalutava l'ampiezza e la pericolosità dell'attacco terroristico. La Dc sembrava paralizzata. Gli altri partiti non andavano al di là degli ordini del giorno di condanna. Il sindacato era tutto preso da problemi diversi: la polemica sui sacrifici, l'austerità, le tariffe. E la sua tendenza a sottovalutare, e a dire “Sono compagni che sbagliano”. Nel 1978 quando le Br rapirono Aldo Moro in molte assemblee sindacali si sentì dire: «Moro è il simbolo di questo Stato, lo Stato dell'affare Lockheed, di Sindona, degli evasori fiscali, e noi dovremmo difenderlo?». Qualcosa cambiò soltanto nel gennaio 1979, quando le Br uccisero Guido Rossa a Genova, il consiglio di fabbrica dell'Italsider si spaccò sulla decisione di accompagnare Rossa che doveva testimoniare al processo contro il postino brigatista. Una parte dei delegati disse: «Chi vuole andare con Rossa, si metta in ferie e ci vada per conto suo».
Epifani (Segretario generale CGIL), ha dichiarato a seguito della nuova incheista milanese sulle BR a margine dell'assemblea dei delegati veneti a Mestre «mi pare che stia emergendo una rete non vastissima, come dicono gli stessi inquirenti. Bisogna far lavorare la Magistratura ed io ho molta fiducia nel suo lavoro e spero che possa fare chiarezza fino in fondo, trovare quello che ancora non e' emerso ed estirpare tutte le cose che non sono emerse, che non vanno e in questo modo evitare un ritorno del terrorismo".». In questo senso la «La costituzione di parte civile certamente è una delle scelte che facciamo per marcare nei processi la nostra vicinanza alle vittime e la nostra lontananza dai terroristi. Non accetteremo che si indeboliscano la Cgil e le sue strutture; Bisogna interrogarsi sul rapporto tra il nuovo terrorismo e i giovani. E' questa "la questione" piu' delicata che dobbiamo affrontare».

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